“Non possiamo aspettarci che l’espandersi di una civiltà che aspira a essere mondiale renda omogeneo il nostro pianeta. La popolazione, non più uniformemente distribuita, si ammasserà in megalopoli estese come province lasciando liberi altri spazi. Definitivamente abbandonati dagli abitanti, quegli spazi potrebbero regredire a condizioni arcaiche: qua e là vi si insedierebbero le più strane forme di vita. Invece di tendere verso l’uniformità, l’evoluzione umana esalterebbe i contrasti e ne creerebbe di nuovi, restaurando il regno della diversità.”
Claude Lévi-Strauss
Tanta eterogeneità, in un modello ideale, chiede ad un “buon governo” di esimersi dall’intervenire sul mercato e sulla cultura non interferendo (o solo limitatamente) alle libere e spontanee forme di aggregazione. Se e sottolineato il se, l’uomo non fosse di base un predatore una globalizzazione federalizzata (no nazionalismi) forse, forse sarebbe solo che auspicabile.
Aree nuovamente destrutturate o ricondotte alle ere-senza-tempo o ere-spaziali ovviamente non necessitano di essere governate, nè da eunomia nè da disnomia; tuttavia, il paradigma megalopoli-piramidale e periferia-orizzontale potrebbe sussistere anche senza il rischio di piombare nell’incubo “Dredd”, per intenderci.